Sommario Fronimo N° 113, gennaio 2001 |
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Leif Christensen avrebbe compiuto cinquantanni lanno scorso. Per ricordarlo la casa discografica Paula, letichetta che aveva pubblicato tutte le incisioni del chitarrista danese, ha riversato su cd i quattro ormai storici lp incisi tra il 1981 e il 1987. Non è nostra intenzione recensire qui questo prezioso cofanetto di quattro dischi. Ruggero Chiesa, che nutriva per Leif una profonda stima e lo considerava "un esempio luminoso di bravura e intelligenza", aveva puntualmente recensito su questa rivista tutte le sue imprese discografiche, sia quelle in cui appariva in veste di solista che quelle che lo vedevano impegnato in duo con la moglie Maria Kämmerling. Non si tratta, ripetiamo, di una recensione, ma della segnalazione di questa lodevole iniziativa della Paula records che rende la figura di questo straordinario musicista, tragicamente e prematuramente scomparso nel 1988, accessibile anche ai più giovani dei nostri lettori che forse non hanno avuto occasione di conoscere, lui vivo, il suo lavoro pionieristico. Perché pionieristico? Oggi forse appare normale che un chitarrista scelga per la sua prima apparizione discografica un compositore pressoché sconosciuto e ineseguito per confezionare una registrazione monografica. Ma quando, nel 1981, Christensen decise di debuttare, anziché con lennesimo disco antologico (già registrato e poi cestinato), con linterpretazione delle opp. 19-23 del quasi sconosciuto Regondi (soltanto la prima e lultima esistevano allora in edizione moderna) e per di più avvalendosi di uno strumento originale, si trattò quasi di una rivoluzione. Si dedicò poi alla rivalutazione e alla riscoperta della figura di Miguel Llobet (allora noto quasi esclusivamente per le canzoni catalane e per le trascrizioni) registrando quasi tutte le sue opere originali. In seguito si immerse nello studio della chitarra russa a sette corde per restituire nella veste più genuina possibile le misteriose ed evocative opere di Vasilii Sarenko, sconosciuto chitarrista russo appartenente alla scuola di Sychra. Fu inoltre il primo a incidere la Royal Winter Music di Henze (entrambe le sonate) dimostrando di essere ampiamente a suo agio anche con il linguaggio contemporaneo. Infine fu il primo a incidere lintegrale degli Studi opp. 6 e 29 di Sor, quando tutti si ostinavano ad ignorare gli studi esclusi dallantologia dei famosi "venti". Non solo usò per lincisione una chitarra originale, ma sperimentò anche la tecnica di Sor, evitando luso dellanulare della mano destra. Vi possiamo assicurare che quellincisione, come daltronde tutte le altre del geniale chitarrista danese, non mostra affatto la sua età. Per molti versi continua a essere non solo la prima ma anche la migliore interpretazione di queste opere. Leif Christensen ha anche un altro merito: appassionato sostenitore del repertorio originale e pieno di un entusiasmo contagioso, è riuscito a penetrare in ambienti che aborrivano la musica ottocentesca e a farsi ascoltare con simpatia. Ad esempio, sul mensile inglese "Classical Guitar" i collaboratori esternavano disturbi fisici e disperazione ogni qualvolta erano chiamati a recensire qualche concerto dedicato agli autori "classici" (ne aveva fatto le spese persino Eduardo Fernández quando presentò un programma dedicato a Giuliani, Paganini e Diabelli). La prima volta che su quella rivista si è affrontato largomento Giuliani senza sufficienza ma con un minimo di interesse e di oggettività è stato grazie ai concerti e al relativo cd del duo Christensen-Kämmerling che presentava le musiche per due chitarre del tanto bistrattato dagli anglosassoni musicista pugliese. Christensen dunque fu il precursore di tante tendenze che oggi consideriamo scontate e che, malgrado il lavoro di pochi illuminati musicologi, stentavano a radicarsi tra gli esecutori: la fede nel repertorio originale, la ricerca di quello poco o affatto noto (ma di qualità!), lo studio della prassi esecutiva dellepoca, luso degli strumenti originali, la riscoperta e rivalutazione critica di figure controverse e misconosciute come Llobet e Tárrega. (Il "progetto Tárrega" rimase purtroppo incompiuto e i pochi brani incisi furono pubblicati su un cd postumo insieme al riversamento delllp dedicato a Llobet.) Nei pochi anni della sua attività, Leif Christensen è riuscito a lasciare unimpronta indelebile nellambiente chitarristico, impronta la cui paternità rimane sconosciuta ai più a causa dellestrema modestia di questo chitarrista che tendeva sempre a rimanere nellombra rispetto agli autori e alle opere che presentava. La riedizione di queste quattro sue incisioni (Regondi opp. 19, 20, 21, 22, e 23; Sor opp. 6 e 29; Sarenko, opere varie; Henze, Royal Winter Music) offre lopportunità di far conoscere il suo lavoro a chi non lo conosceva e a ricordare la sua figura di esecutore impegnato in àmbiti allora poco frequentati che grazie a lui sono stati posti con evidenza allattenzione del mondo chitarristico. Un innovatore, un pioniere appunto che ci sembra doveroso ricordare. Per gli appassionati collezionisti questo cofanetto è un must che va posto accanto alle registrazioni degli anni 27-39 di Segovia, il disco dedicato alla 20th Century Guitar Music di Bream e il primo disco di Barrueco (quello con i studi di Villa-Lobos e i pezzi di Chávez, per intenderci). Per ragioni diverse, ciascuno di questi quattro dischi segna un punto di svolta importante e insieme riassumono, a nostro parere, la storia dellinterpretazione chitarristica nel Novecento. |