Sommario Fronimo N° 120,  ottobre 2002

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Editoriale

Incontri:

Intervista a Hopkinson Smith
di Diego Milanese e Umberto Piazza

Intervista a Giuseppe Gaccetta
di Giorgio Ferraris

Ricerche e approfondimenti:

Riflessioni sulla metamorfosi (dall’intavolatura alla notazione moderna)
di Mario Dell’Ara

Le corde per chitarra tra il Settecento e l’avvento del nylon (quarta parte)
di Mimmo Peruffo

Anton Diabelli (1781-1858). Cenni biografici e opere per chitarra (quarta parte)
di Jukka Savijoki

In Memoriam Griselda Ponce de Leon,
di Piero Bonaguri

e inoltre recensioni di libri, musiche e dischi.

Notizie su corsi e concorsi.

Idee a confronto

La bottega della chitarra

duo Ghiribizzo


Duo Ghiribizzo
Paola Minussi - Joachim Geissler

Editoriale del numero 120

Con questo numero d’autunno compare l’ultimo inserto della rivista ottocentesca “The Giulianiad”, pubblicazione in sei fascicoli che avevamo iniziato nel gennaio del 1999. Come ricordavamo allora nella presentazione del progetto editoriale, “The Giulianiad” fu fondata e pubblicata a Londra fra il 1833 e il 1835 e, come dice il titolo, dedicata a Mauro Giuliani. Sembra che i fondatori della rivista fossero stati tutti – chi più, chi meno – secondo quanto afferma Thomas Heck (cfr. l’articolo Horetzky e la Giulianiad in “il Fronimo” n. 12, luglio 1975, pp. 23-26 e le pp. 133-137 in Mauro Giuliani: Virtuoso Guitarist and Composer, Orphée, Columbus, 1995), allievi di Giuliani. Con ogni probabilità, pur non comparendo mai le loro firme, essi furono Ferdinand Pelzer, Leonhard Schulz (il giovane), Felix Horetzky e J. A. Nuske. È bene ricordare che il testo da noi tradotto è quello conservato alla British Library ed è l’unico esistente a nostra conoscenza. Non abbiamo ritenuto opportuno pubblicare il materiale musicale che completava i fascicoli perché si tratta, a nostro giudizio, di pezzi mediocri e di scarsa o nessuna rilevanza.

Attraverso la lettura della rivista inglese abbiamo preso conoscenza dell’ambiente chitarristico ottocentesco dopo l’esperienza di Giuliani, il che ci consente di fare qualche considerazione. Innanzitutto, più volte abbiamo riscontrato negli autori degli articoli una crescente preoccupazione circa il graduale declino della chitarra rispetto alla sempre più rapida diffusione del pianoforte. Tale preoccupazione era indubbiamente giustificata ma, forse, dietro la loro attività giornalistica si nascondevano anche altre motivazioni. Forte è il sospetto che i curatori di “The Giulianiad” abbiano voluto dare una visione volutamente parziale di quanto stesse accadendo attorno a loro: se ci si fa caso, i titoli delle opere recensite o delle musiche pubblicate sono quasi sempre gli stessi. Non è che volessero tirare un po’ troppa acqua al proprio mulino?

Thomas Heck, nell’articolo più indietro ricordato, arriva addirittura a sospettare maliziosamente che l’autore di una recensione in cui si loda incondizionatamente una Fantasia di Nuscke sia proprio lo stesso Nuske… Non solo. Proprio fra il 1833 e 1835 era estremamente attivo, e proprio a Londra, il grande Giulio Regondi, la cui luminosa fama di enfant prodige era al massimo fulgore: numerose esibizioni in prestigiose sale e più volte alla presenza dei Reali. Ebbene, in “The Giulianiad” il nome di Regondi non compare mai neanche una volta, neppure di sfuggita: veramente strano, se pensiamo che la rivista sembrava invece estremamente attenta a tutto quanto succedeva attorno alla chitarra e avrebbe quindi dovuto almeno far cenno agli straordinari successi di un bambino prodigio. Ancora più strano se ricordiamo che invece “The Harmonicon”, un’altra rivista musicale londinese più volte citata nella “Giulianiad”, dava ampi ed entusiastici resoconti dei concerti del giovane Regondi. Forse il declino della chitarra dopo Giuliani non fu causato solo dai mutamenti estetico-musicali, innegabilmente sfavorevoli al nostro strumento, ma anche dalla mediocrità dei personaggi che avrebbero dovuto rappresentarla ai massimi livelli.

Con questo numero si conclude anche la serie di articoli dedicati alle corde e alla loro storia: in questa puntata Mimmo Peruffo ci illustra i radicali e repentini cambiamenti che l’avvento del nylon portò nella fabbricazione e nella commercializzazione delle corde, evidenziando con la giusta rilevanza quanto importante fu il ruolo di Andrés Segovia in questa svolta diremmo quasi epocale. Siamo sicuri che questo ampio e importante contributo permetterà di avere le idee più chiare nella scelta delle corde da usare, problema da sempre e giustamente di grande interesse per tutti noi chitarristi, costantemente alla ricerca quasi utopica della corda perfetta.
Sostanzialmente concluso è anche l’ampio studio monografico dedicato ad Anton Diabelli e alla sua produzione musicale.

Nel prossimo numero, il chitarrista e studioso finlandese Jukka Savijoki prendendo spunto dalle pubblicazioni di Diabelli analizzerà la questione della notazione in uso nelle edizioni ottocentesche, questione quanto mai importante e ancora ricca di insidie e fraintendimenti, soprattutto in questi ultimi tempi in cui la diffusione e l’impiego di facsimili conoscono un successo sempre maggiore.
Completa la sezione dedicata alle ricerche e agli approfondimenti un prezioso articolo di Mario Dell’Ara, storico collaboratore de “il Fronimo” che con piacere accogliamo nel numero che chiude il trentesimo anno della rivista: il colto musicologo piemontese ci illustra con acribia e attenta prospettiva storica – non senza l’apporto di nuove e importanti informazioni – il delicato passaggio dall’intavolatura alla notazione mensurale, problematica da sempre al centro di ricerche, teorie, riflessioni e ripensamenti.
Due sono le interviste presentate in questo numero. Hopkinson Smith. era stato intervistato da “il Fronimo” più di vent’anni fa: diversa acqua è passata sotto i ponti dell’affascinante mondo del liuto e l’intensa carriera di Smith ci testimonia la grande popolarità e la capillare diffusione che ha ormai raggiunto la musica antica.
Giuseppe Gaccetta, protagonista della seconda intervista, è un personaggio particolarmente interessante anche se non direttamente legato all’ambito chitarristico. Giorgio Ferraris, da sempre attento a storie e persone del caleidoscopico ambiente genovese, ha infatti dialogato con un ex falegname novantenne che fino all’inizio della Seconda Guerra Mondiale era stato un formidabile virtuoso del violino dalla tecnica prodigiosa che proveniva direttamente da Niccolò Paganini. Nel corso della sua attività musicale ebbe modo di conoscere e collaborare anche con diversi membri della scuola chitarristica genovese, alcuni dei quali Giorgio Ferraris ci aveva già fatto conoscere in precedenti articoli (vedi “il Fronimo” n. 106, aprile 1999).