Con questo numero della nostra rivista iniziamo il 2006, un anno che si prospetta ricco di importanti scoperte e novità musicologiche – alcune delle quali preferiamo scaramanticamente non anticiparvi – e un assaggio è rappresentato dall’articolo su Rodrigo di cui parleremo più avanti.
Il numero si apre con una intensa e interessante intervista di Lorenzo Micheli a Massimo Lonardi, due interpreti che nei rispettivi ambiti strumentali – la chitarra per uno, il liuto per l’altro – sono ormai delle realtà assai rappresentative. Il motivo di questo incontro – in realtà una vera e propria conversazione fra due còlti e appassionati interlocutori – è presto detto: quest’anno “il Fronimo” offre in omaggio ai propri abbonati il cd di Massimo Lonardi Comiença la música para guitarra dedicato alla piccola chitarra cinquecentesca. Questo cd è edito da Stradivarius e fa parte della collanna diretta da Frédéric Zigante. A differenza degli anni scorsi, alleghiamo il cd a questo numero di gennaio senza attendere il rinnovo di tutti gli abbonamenti: speriamo che apprezziate questo atto di fiducia nei vostri confronti e che non dimentichiate di rinnovare il vostro abbonamento al più presto. Ora più che mai “il Fronimo” ha bisogno del sostegno dei suoi lettori.
Come dicevamo poc’anzi, abbiamo alcune novità interessanti dal punto di vista musicologico; lo scritto di Leopoldo Neri de Caso porta infatti alla nostra conoscenza un brano di Joaquín Rodrigo considerato perso e rimasto ineseguito e certamente inedito: si tratta della Tocata per chitarra sola. In realtà questo brano era stato citato già da Josep Ma Mangado Artigas nel suo articolo riguardante la prima esecuzione del Concierto de Aranjuez, (“il Fronimo” n. 127, luglio 2004) quando ancora si potevano fare solo delle ipotesi circa l’entità e l’identità di tale “misteriosa” composizione. Leopoldo Neri de Caso ci assicura che abbiamo a che fare con un capolavoro, ma per ora non abbiamo avuto modo di prenderne visione. Speriamo venga pubblicato al più presto; per il momento comunque assaporiamoci gli assaggi degli esempi musicali pubblicati nell’articolo.
Vi è poi il contributo di Stefano Viola dal titolo spiritoso “il peso della tecnica o... la tecnica del peso”, argomento tutt’altro che leggero che siamo sicuri riscuoterà il vostro interesse. Viola pone l’accento su alcune tematiche spesso trascurate e date per scontate ma d’importanza tutt’altro che secondaria: si vedano ad esempio il suo concetto della postura, della produzione del suono e, soprattutto, della loro interazione con l’ambiente circostante.
Isabella Abbonizio conclude i suoi approfondimenti su Maurice Ohana con l’analisi sul suo brano più conosciuto e rappresentativo, ossia il Tiento.
Particolarmente interessante è in questo numero la rubrica delle Idee a confronto. Intanto potete prendere atto della recente iniziativa per la fondazione di una sezione italiana della EGTA (European Guitar Teachers Association): si tratta di una associazione i cui scopi sono ben specificati dal segretario pro tempore Mario Torta nel resoconto della prima riunione che appunto abbiamo ospitato con piacere all’interno delle pagine dedicate alle comunicazioni dei nostri lettori.
Vi è poi l’intervento del liutaio Luciano Lovadina che esprime una posizione assai decisa e controcorrente riguardo alle chitarre d’epoca. Con un atteggiamento diametralmente opposto a quello che vuole lo strumento d’epoca al centro e al di sopra di tutto – a volte anche al di sopra della musica stessa – egli manifesta senza alcuna equivocabilità la superiorità degli strumenti moderni rispetto a quelli del passato. Sappiamo che tale opinione – indubbiamente coraggiosa e fors’anche un po’ provocatoria – non mancherà di suscitare qualche reazione, soprattutto da parte di chi ha posto lo strumento d’epoca – sia ottocentesco che novecentesco – come fulcro della propria attività.
Pur comprendendo che è molto facile oscillare fra queste due posizioni estreme, e spesso con motivi tutt’altro che infondati, da parte nostra riteniamo che sia opportuno cercare di mediare fra questi due poli mantenendo un atteggiamento equilibrato. Uno strumento originale può essere buono, ottimo o mediocre esattamente come uno moderno. Indubbiamente le cose vecchie hanno un fascino particolare – basti pensare alla passione sempre più diffusa per l’antiquariato – e a volte è addirittura commovente avere tra le mani uno strumento se ci si rende conto di quante persone possano averlo suonato e specialmente se fu di proprietà di personaggi importanti. Non basta però lo strumento per rendere migliori musiche mediocri, né può lo strumento stesso cambiare il valore dell’esecutore. Un interprete geniale rimane tale anche se suona una chitarra mediocre, così come una esecuzione mediocre rimane tale pur se la chitarra usata riecheggia suoni che vengono da secoli passati.
Rimanendo nell’àmbito delle chitarre d’epoca, non possiamo fare a meno di ricordare il successo della manifestazione svoltasi a Ponte in Valtellina a fine ottobre scorso. Incentrata sulla chitarra spagnola – in particolare sulla figura di Antonio Torres e dei chitarristi e compositori suoi contemporanei – e organizzata con tanto dispendio di energie e con ammirevole passione da non pochi volontari capeggiati da Stefano Grondona, tale manifestazione ha visto la partecipazione di numerosi appassionati giunti dall’Italia e persino dall’estero: ciò che riesce a destare tanto interesse e a scuotere l’atteggiamento sedentario dei chitarristi è sempre encomiabile. D’altronde non è facile poter vedere e sentire suonare tante chitarre Torres o Simplicio in un colpo solo. Per concludere questa breve rassegna sulla cronaca, vogliamo accennare all’importante convegno che si è tenuto al Conservatorio “G. Verdi” di Milano dal 14 al 16 dicembre. Con l’obbiettivo di fare un po’ il punto della situazione sull’andamento della riforma e con la presenza di numerosi docenti di tutti gli strumenti nonché di diversi operatori del settore, il convegno ha sostanzialmente affrontato i seguenti punti: 1) presentare il documento stilato dalla conferenza dei Direttori su incarico del MIUR e basato sulla pluriennale esperienza di sperimentazione attivata da tutte le Istituzioni; 2) codificare i requisiti d’ingresso per il triennio; 3) codificare le abilità in uscita per il triennio; 4) codificare le discipline da inserire nella percentuale dei crediti riservata al Ministero.
È pressoché impossibile condensare in poche righe un dibattito che si è protratto per tre giorni e che per la realizzazione della finalità di cui sopra ha visto la creazione di ben sei gruppi di lavoro, con l’intervento conclusivo del dottor Civello, Direttore Generale AFAM, che ha illustrato il panorama della situazione attuale e dell’attività del Ministero.
Per i dettagli non possiamo che rimandare ai documenti che verranno stilati prossimamente e che avremo modo di commentare a tempo debito. Anzi vorremmo invitare i colleghi che hanno partecipato al convegno di inviarci le loro impressioni e punti di vista.
Per intanto auguriamo un buon anno a tutti e una proficua lettura.
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