Non possiamo aprire questo numero senza ricordare che si tratta del primo senza la presenza di Roberto Pinciroli: è stato doloroso togliere il suo nome dall’elenco dei collaboratori stabili della rivista. Roberto non era facile da accontentare: non si tirava indietro quando si trattava di punzecchiare, anche in maniera estenuante a volte, pur di portarci sulla “retta via”. Perciò le sue parole di approvazione, quando prendeva il telefono per dire “Però! Bello questo numero!”, avevano ancora più valore. Era un punto di riferimento e ci mancherà. Lo ricorda nell’In memoriam Maurizio Preda, amico e collega di Roberto da sempre e vicino a lui fino alla fine.
Eduardo Fernández ha intervistato Eliot Fisk, il vulcanico chitarrista americano che, stando a quanto ci ha riferito l’intervistatore, è riuscito a condensare in una quarantina di minuti una quantità di informazioni, impressioni e concetti che molti altri non sarebbero riusciti a esporre neanche con il doppio del tempo. D’altra parte, questa sorta di bulimia comunicativa, di straordinaria energia espressiva, di grande passione per la vita, l’arte e la musica sono tipiche del personaggio che sul palcoscenico è sempre travolgente e non si risparmia neanche l’ultima stilla di energia. Estremamente interessante è la sua visione della musica che associa a un pragmatismo tutto americano – le scelte di repertorio, le possibilità di lavorare e di farsi una carriera, ecc. – un idealismo quasi utopistico che vede nell’arte una reale possibilità di cambiare il mondo.
Si conclude con questa quarta puntata l’articolo di Josep Mª Mangado Artigas dedicato alla parte della vita di Fernando Sor trascorsa in Spagna. Come avevamo già notato nei numeri precedenti, viene sempre più confermata l’immagine di un artista tanto dotato quanto arrogante, talentuoso e geniale quanto bizzarro e stravagante, preciso e professionale quanto mondano e modaiolo. Inoltre emerge un altro aspetto assai particolare della personalità di Sor, ossia il suo atteggiamento assai ondivago nei confronti degli invasori francesi: egli passò dal nazionalismo appassionato dello strenuo difensore della Spagna alla condizione di afrancesado che lo portò all’esilio, sovente oscillando fra questi due estremi con posizioni ambigue e intermedie. Che tutto ciò sia stato influenzato in qualche maniera dalle sue origini francesi?
Stefan Hackl ci descrive le condizioni che lo hanno portato all’importante scoperta di due inediti di Giulio Regondi. Matanya Ophee ci aveva dato la notizia nell’intervista apparsa nel numero di gennaio, mentre Francesco Biraghi, sul numero di aprile, ha recensito uno di questi brani: le variazioni su tema di Bellini. Ora l’autore di questo rilevante ritrovamento ci racconta la storia del manoscritto Hudleston (dove sono riportati i brani) dalla sua primigenia redazione nella prima metà dell’Ottocento fino al suo arrivo all’Università della Musica di Vienna. Visti i recenti risultati delle ricerche su Regondi, è da sperare che in futuro emergano altri suoi inediti.
Conclude quindi il numero l’analisi della Sonata n. 2 “Hispanica” di Guido Santórsola. La pubblicazione di questo scritto ci è sembrata quanto mai opportuna perché accompagna adeguatamente il cd – inciso da Antonio Rugolo che è anche l’autore dell’articolo - che avevamo riservato ai nostri abbonati e nel quale compare appunto questa importante composizione.
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