Sommario Fronimo N° 149 gennaio 2010 |
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Editoriale QuIniziamo l’anno con un saluto. Dopo quasi trent’anni di collaborazione, “il Fronimo”, a partire da questo numero, cambia tipografia. Dal 1993, quando cioè abbiamo preso la conduzione della rivista, sino ad oggi, molta acqua è passata sotto i ponti e tanti sono stati i cambiamenti: l’ultimo legame rimassto con la gestione del passato era proprio la Musicografica Lombarda (diventata recentemente Legatoria Perego); vista la nostra inesperienza di allora, ci tranquillizzava il fatto che il tipografo, conoscendo bene da anni la rivista e le sue fasi di lavorazione, potesse avvisarci preventivamente degli eventuali errori. Il tipografo era Perego o, meglio, i Perego, un’azienda tipicamente lombarda portata avanti negli anni da padre, figli, fratelli, nipoti. Sapevamo che la crisi dell'editoria, di molto precedente alla crisi generale odierna, aveva reso la vita difficile alle vecchie tipografie. Ma avevamo sperato che i Perego potessero farcela. Invece no. Non possiamo fare altro che salutarli e augurare loro il meglio per il futuro. La Legatoria Perego è un’altra vittima dei tempi che corrono. Ogni volta che fotocopiate o scaricate da internet un’edizione ricordatevi che solo in superficie sembra una grande “furbata”; ma non c’è bisogno di scavare molto per accorgersi delle tante implicazioni che può comportare un’azione ormai diventata per molti un’abitudine. Veniamo ora agli articoli di questo numero. Frédéric Zigante, da sempre assai attento e interessato alle questioni editoriali delle più importanti opere del Novecento, indagando nell’ormai celeberrimo archivio Segovia di Linares, ha trovato importanti notizie sulla genesi editoriale della Sevillana di Joaquín Turina. Eravamo tutti convinti che l’edizione in commercio rappresentasse l’unica versione mai esistita, mentre in realtà essa non è che il risultato dell’ennesimo intervento segoviano su fonti preesistenti. Trattandosi di un brano di grande popolarità fra i chitarristi, siamo sicuri che molti saranno interessati a scoprire, grazie a questa meticolosa radiografia (esattamente come si esaminano ai raggi X le tele dei pittori rinascimentali), cosa si celi in realtà sotto il “restauro” di Segovia. Come al solito, le discussioni sulla patente di validità o meno di questa, quella o quell’altra versione non mancheranno. Josep Mª Mangado i Artigas conclude in questo numero il lungo racconto delle visite e dei concerti di Trinidad Huerta a Barcellona. Numerose sono le informazioni riguardanti l’attività del chitarrista, anche al di fuori della città catalana, e sul suo triste declino. L’immagine che ne esce è indubbiamente quella di un personaggio “da romanzo” e questo al di là del suo valore o meno come musicista. Il ritratto che ne fece il famoso fotografo Nadar proietta l’immagine di un uomo che indubbiamente esercitò un grande fascino sui suoi contemporanei: se Nadar volle fotografarlo, significa che Huerta a Parigi – in quegli anni molto difficili per la chitarra – era riuscito a farsi un nome. Ma, purtroppo, dobbiamo constatare, con un velo di tristezza, che questo non gli evitò di finire i suoi giorni in miseria e in solitudine. Luigi Attademo, cogliendo l’occasione dell’esecuzione di una nuova opera da camera con chitarra della famosa compositrice russa Sofia Gubaidulina, ci presenta con il suo articolo questa importante figura femminile della musica moderna. La sua attenta analisi di Ravvedimento (Repentance) ci introduce nell’affascinante mondo musicale della Gubaidulina, nel quale gli aspetti della sacralità e della spiritualità si legano alle concezioni timbriche e strutturali (tonalità, modalità, ecc.) più propriamente musicali. L’articolo che completa la parte dedicata a “Ricerche e approfondimenti” è a firma di Eduardo Fernández, il quale ci svela un mondo che noi Europei pensiamo di conoscere ma di cui, in realtà, abbiamo un’immagine decisamente distorta se non erronea. In quanto chitarristi “classici” del continente antico, siamo convinti – più o meno consciamente – che suonare un Valzer di Lauro in una maniera molto “libera”, molto “folkloristica”, molto “ritmica”, insomma molto... “antiaccademica” ci rende interpreti totalmente “autentici” della musica sudamericana: Barrios, Lauro, Guastavino, Piazzolla e, aggiungiamo pure lui, Villa-Lobos, per noi non hanno più segreti e sono un tutt’uno. Ma questo non è assolutamente vero e parte dal pregiudizio – giusto o sbagliato – che la nostra (europea) tradizione musicale sia l’unica chiave di lettura valida per affrontare qualsiasi repertorio. Fernández, invece, ci introduce a una tale varietà di musiche, stili, generi e forme (proporzionale all’enorme continente da cui è nata) da costringerci ad un bell’esame di coscienza e a sfatare l’idea che la nostra superficiale competenza riguardo a questo sterminato repertorio sia sempre adeguata, dovunque e comunque. Quest’anno non offriremo cd, ma contiamo di fare omaggio ai nostri abbonati di alcuni allegati “cartacei” che speriamo siano altrettanto graditi. Intanto vi consigliamo di tenere d’occhio le pubblicità di vari inserzionisti (nel numero scorso c’era quella di Tecla Editions) con speciali offerte ai lettori della nostra rivista. |