Sommario Fronimo N° 154 aprile 2011

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Editoriale

Ricerche e approfondimenti:

Il conte Federico Moretti. Dai Principj alla fine
di Ana Carpintero

Bruno Bettinelli: una modernità non dogmatica
di Davide Ficco (parte seconda)

Bruno Bettinelli: la cadenza come metafora compositiva.
di Gianluca Verlingier

iLo stile classico. La forma-sonata e i chitarristi dell’Ottocento
di Marco Riboni (parte seconda)

Recensioni Musiche Dischi Libri

Corsi e concorsi

Novità editoriali e discografiche

La bottega della chitarra

 
Editoriale del n° 154 aprile 2011


Iniziamo la nostra consueta chiacchierata di presentazione del numero con una buona notizia. Negli ultimi anni diversi lettori ci hanno interpellato chiedendo informazioni sul libro di Marco Riboni dedicato a Giuliani. Avevamo promesso che i nostri abbonati sarebbero stati i primi a sapere dell’avvenuta pubblicazione. Le intricate vicissitudini editoriali continuavano a ritardarne l’uscita e il libro sembrava ormai diventato come la metastasiana araba Fenice (“che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa”). Ora finalmente possiamo ufficialmente annunciare che il libro è pubblicato dalla casa editrice L’Epos di Palermo. Noi lo offriamo ai nostri lettori a condizioni di favore e per i particolari rimandiamo alla pubblicità in seconda di copertina. La sezione dedicata a Ricerche e approfondimenti si apre con un articolo meticolosamente documentato e interessante sulle vicende biografiche di Federico Moretti, personaggio importante per la storia della chitarra poiché i suoi Principj per la chitarra a cinque corde pubblicati a Napoli nel 1792 ebbero una grande influenza sulla genesi della metodologia didattica chitarristica che alcuni suoi più illustri colleghi stavano approntando. Due nomi su tutti: Mauro Giuliani, che nei suoi Centoventi arpeggi op. 1 riprese e sviluppò la tecnica della mano destra di Moretti, e Sor, che nella sua Méthode pour la guitare lo definì come “la fiamma che doveva servire a illuminare il cammino incerto dei chitarristi”. Ana Carpintero, l’autrice dell’articolo, ci rivela un Federico Moretti finora sconosciuto: eroico e pluridecorato ufficiale dell’esercito spagnolo, agente segreto, autore di importati trattati militari, frequentatore di ambienti altolocati. Vicissitudini romanzesche nel loro succedersi che testimoniano di un uomo dotato di grande versatilità ma, soprattutto, di un’intelligenza ben al di sopra della media. Concludiamo in questo numero l’omaggio a Bruno Bettinelli. Dopo aver esaminato le composizioni solistiche, Davide Ficco prende ora in considerazione il repertorio cameristico e il Concerto per chitarra e orchestra d’archi con vibrafono ad libitum. A Ficco si affianca Gianluca Verlingieri che con il suo contributo emblematicamente titolato La cadenza come metafora compositiva, approfondisce i legami e le affinità stilistiche fra il concetto classico di cadenza, tradizionalmente inteso, con le specificità compositive di due brani di Bettinelli: Come una cadenza per chitarra sola e, ovviamente, la cadenza finale del III movimento del Concerto. Da questo scritto si può cogliere come Bettinelli riesca a innestarsi sulla secolare tradizione della cadenza mantenendo tuttavia il suo personalissimo stile. Continua l’analisi storico-stilistica di Marco Riboni sulle modalità con le quali venne impiegata la forma-sonata dai chitarristi dell’Ottocento: con Anton Diabelli si completa l’esame dell’area austro-tedesca e si passa in terra francese con il contributo del solo Antoine de Lhoyer. Diabelli sfoggia impeccabili prove del suo alto magistero sonatistico nel trittico delle Sonate op. 29 – non a caso il suo brano solistico più conosciuto – e in una breve e poco nota composizione, l’“Andante cantabile” dalla raccolta Amusemens pour les Dames op. 89. Lhoyer contribuisce al repertorio sonatistico del periodo classico con la sua Grande Sonate op. 12, un brano composto per chitarra a cinque corde che, al di là del suo valore musicale – peraltro notevole – permette di fare alcune considerazioni sull’importanza dell’organologia nella prassi esecutiva, questione sempre più al centro dell’attenzione di studiosi e interpreti. L’“Andante cantabile” di Diabelli e la Grande Sonate di Lhoyer li potete trovare riprodotti in facsimile nell’inserto allegato alla rivista. Per una volta, cosa che non facciamo quasi mai, vogliamo dedicare la nostra attenzione alle recensioni: in particolare, a quella firmata da Giorgio Ferraris che commenta due cd della liutista Sigrun Richter. Facile accorgersi che, per la sua lunghezza, lo scritto più che una recensione in realtà sembra un articolo vero e proprio. Tema centrale sono i progressivi mutamenti dell’accordatura del liuto e Ferraris lo affronta approfonditamente portando alla nostra attenzione numerose e interessanti informazioni. D’altra parte, non riceviamo quasi più articoli sulla musica antica e quindi apriamo volentieri queste finestre nella rubrica delle recensioni. Per concludere, una breve nota di cronaca. Molti ormai conosceranno la circolare ministeriale del 27 gennaio 2011, Prot. 383 nella quale – dopo aver tradotto il consueto, denso linguaggio burocratico – in sintesi si affermava che ancora per quest’anno sarebbe stato possibile per i privatisti sostenere gli esami in conservatorio. Se non ricordiamo male, è forse la prima volta che il Ministero si espone apertis verbis su tale questione: gli anni scorsi, infatti, dopo la solita ridda di voci, alcuni conservatori cominciavano a pubblicare autonomamente i moduli d’iscrizione e quindi via via a ruota tutti si adeguavano. Quest’anno paradossalmente sta succedendo esattamente il contrario: a fronte di una esplicita autorizzazione ministeriale, alcuni conservatori hanno deciso di non accettare più i privatisti che devono quindi cercare, non senza una giustificata preoccupazione, le istituzioni ancora disposte ad accettare le loro domande. È quindi destino che tale questione sia sempre avvolta dalla confusione. D’altra parte, pare che la confusione sia una costante quando si tratta di capire qualcosa dei conservatori “riformati”. Tale andamento non può che rispecchiare pienamente il drammatico stato della cultura in Italia.