Sommario Fronimo N° 155 luglio 2011

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Editoriale

Ricerche e approfondimenti:

Nel nome del padre. Zur Namensfeier meines Vaters D 80 di Schubert
per tre voci maschili e chitarra
di Nicoletta Confalone

Lo stile classico. La forma-sonata e i chitarristi dell’Ottocento
di Marco Riboni (parte terza)

Platero y yo, op. 190 di Mario Castelnuovo-Tedesco.
Memorie e riflessi della cultura ebraica di Valentina Fortunati

Segovia in concerto. Sanremo, 1939
a cura di Marco Bazzotti

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La bottega della chitarra

 
Editoriale del n° 155 luglio 2011


Con grande piacere diamo il benvenuto a due nuove collaboratrici, Nicoletta Confalone e Valentina Fortunati, che ci hanno proposto due articoli estratti dalle rispettive tesi di laurea. Dalla tesi della prima, incentrata sui rapporti di Schubert con la chitarra, abbiamo estrapolato la parte riguardante Zur Namensfeier meines Vaters D 80 per tre voci maschili e chitarra, l’unica partitura che vede Schubert stesso scrivere per il nostro strumento. Il suo nome è stato spesso associato alla chitarra ma, al di là delle sue capacità esecutive sulle sei corde e degli strumenti che effettivamente ebbe in possesso, purtroppo il suo contributo alla nostra letteratura è esiguo: è nota ormai la storia del Trio di Matiegka adattato da Schubert in Quartetto, delle vicende editoriali di alcuni Lieder e delle Quindici danze per flauto e chitarra. L’opera presa qui in esame rimane quindi il solo contributo originale per chitarra nella produzione schubertiana e, proprio per questo, è degna di nota e approfondimento. L’analisi e la genesi del brano ci offrono anche l’occasione di conoscere meglio il giovane Franz e i suoi difficili rapporti con il padre, figura assai austera e severa che di sicuro non agevolò la carriera del compositore. In seguito all’articolo presentiamo la riproduzione integrale dell’autografo di Schubert custodito presso la Wien Bibliothek im Rathaus che ringraziamo per l’autorizzazione. L’articolo di Valentina Fortunati invece parla dei riflessi della cultura ebraica nella vita e nell’opera di Mario Castelnuovo-Tedesco, focalizzando poi l’attenzione su Platero y yo. In questa prima parte vengono presentate le vicende biografiche del musicista fiorentino (con numerosi riferimenti a Una vita di musica, la sua autobiografia ricchissima di spunti storici, poetici e commoventi). Vi è poi un excursus storico sul melologo, particolare genere musicale di antiche e nobili tradizioni. Il seguito dell’articolo apparirà sul prossimo numero e prenderà in esame alcuni brani di Platero e l’estetica di Castelnuovo-Tedesco, evidenziando le non poche affinità con la poetica dell’autore dei testi, il poeta spagnolo Juan Ramón Jiménez, premio Nobel nel 1956. Parlando di Castelnuovo-Tedesco e della chitarra non si poteva non citare il suo rapporto con Andrés Segovia e il cruciale anno 1939, quando non solo il compositore diede alla luce lo splendido Concerto op. 99 ma fu purtroppo obbligato a lasciare la Patria e la sua amata Firenze a causa delle leggi razziali fasciste. Proprio l’anno 1939 ci collega con il prossimo articolo: in quell’anno Segovia tenne un concerto a Sanremo e di quel concerto Marco Bazzotti ha trovato una recensione pubblicata su “Il Popolo d’Italia” (poi riproposta nella rivista “La Chitarra”) a firma di Giovanni Cavicchioli. Lo scritto, in una prosa dallo stile personale e affascinante, ci riporta in un’atmosfera che sembra lontana anni luce: la figura di Segovia, la sua arte, il suo carisma ne escono illuminati a tutto tondo, nonostante di musica, maniera di suonare e interpretazione non se ne parli quasi per nulla; solamente poesia pura, suggestione ed evocazione. Per certi versi, ricorda la recensione di un concerto sempre di Segovia firmata da Giorgio Vigolo alla vigilia di Natale del 1949 (La chitarra di Segovia) nel famoso settimanale politico e letterario “Il Mondo” diretto da Mario Pannunzio, recensione che a nostra volta ripubblicammo sul nel 2001 (“il Fronimo”, n. 114, pp. 41-43). Prosegue l’analisi di Marco Riboni sullo stile classico dei chitarristi dell’Ottocento. A finire sotto la lente d’ingrandimento questa volta è Fernando Sor, del quale vengono prese in esame due opere celeberrime: il Grand Solo op. 14 e la Sonata op. 15b. Entrambe le composizioni hanno avuto una genesi e una storia travagliate, tanto che ancora ai giorni nostri l’esatta pubblicazione del testo (in particolare del Grand Solo) non sempre coincide con le reali intenzioni dell’autore, il quale evidentemente in quel periodo non aveva il pieno controllo di quanto e come pubblicassero le sue opere i vari editori (dei quali infatti lamenta le malefatte nella sua Méthode pour la guitare). Per concludere, due parole sulla rubrica Idee a confronto in questo numero particolarmente ricca di spunti di riflessione e di informazioni. Auspichiamo che le scottanti argomentazioni proposte da Alfonso Baschiera offrano l’occasione per uno scambio di opinioni. È lecito ridicolizzare la musica che è stata scritta con intendimenti artistici e non invece come commento sonoro di uno spettacolo comico? Dove si colloca il limite fra l’arbitrio dell’artista e il rispetto per l’operato del compositore? Scriveteci. Nelle stesse colonne ospitiamo anche il resoconto che Thomas Heck ci ha inviato del 3rd Lake Konstanz Guitar Research Meeting, tenutosi a Horn (Svizzera) dall’1 al 3 aprile scorso e che ha visto la presenza di molti fra i più importanti studiosi della musicologia chitarristica. Una manifestazione che si regge grazie alla grande passione e capacità organizzative dei due ideatori, Gerhard Penn e Andreas Stevens. C’eravamo anche noi e abbiamo avuto il piacere di di rivedere o di conoscere per la prima volta alcuni nostri abbonati e collaboratori stranieri. “il Fronimo” era rappresentato da Marco Riboni, ospite d’onore della manifestazione, (oltre che dalla sottoscritta e da Francesco Biraghi, presenti invece solo come osservatori). Per tutti i particolari rinviamo alla parole di Thomas Heck. Noi possiamo anticipare che alcuni degli interventi diventeranno articoli che appariranno prossimamente sulle nostre pagine.
(L. K.)