Sommario Fronimo N° 160 ottobre 2012 |
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Editoriale del n° 160 ottobre 2012 Abbiamo tante cose da raccontarvi e iniziamo subito con una breve presentazione dei contenuti di questo numero che si apre con l'intervista di Elena Càsoli a Sylvano Bussotti, artista poliedrico, controverso, dalle mille risorse e invenzioni. Personaggio difficile da collocare o classificare che, coerentemente con la sua avversione per gli inquadramenti, ha subito tentato di invertire i ruoli di intervistatore e intervistato. Non mancano gli spunti di riflessione, Nella seconda e ultima parte dell'articolo dedicato a Emilia Giuliani, Nicoletta Confalone ci presenta le Sei Belliniane. Inevitabile il confronto con le Rossiniane del padre, confronto che i nostri lettori potranno compiere anche di persona grazie all'inserto allegato con il reprint della prima Belliniana. Nella puntata finale dell'articolo di Heck/Riboni/ Stevens sono riportate e commentate le ultime lettere di Giuliani: al di là delle informazioni che questi scritti ci portano sulle difficoltà che affrontò verso la fine della sua vita, è suggestivo leggere le sue parole a meno di un mese dalla morte. Il viaggio di Marco Riboni nel campo della forma-sonata ottocentesca arriva in Italia e a finire sotto la lente dell'analisi sono le opere di Luigi Moretti, Luigi Legnani e Francesco Molino. È interessante constatare quanto diversi siano stati gli approcci e i risultati dei tre italiani. Carlo Fierens, esordiente nelle nostre pagine, illustra i rapporti, intensi e complicati, che intercorsero fra George Rochberg (1918-2005) – uno fra i più importanti compositori americani – e il chitarrista Eliot Fisk per la stesura definitiva di American Bouquet, pubblicata nel 1998. Frédéric Zigante firma l'In memoriam dedicato a Colin Cooper, per trent'anni l'"uomo immagine" di "Classical Guitar", di cui era considerato da tutti il direttore, anche se tale ruolo non è mai esistito nella rivista inglese. Negli ultimi tempi il suo nome non appariva più tra gli editors, ma il suo prestigio personale e la simpatia rendevano i titoli superflui. Ha continuato a scrivere fino all'ultimo e all'età di 86 anni era ancora capace di entusiasmarsi. Negli ultimi nostri scambi di e-mail, dopo l'ascolto del cd di Pino Carrer che aveva ricevuto con "il Fronimo", non smetteva di meravigliarsi per il mancato interesse dei chitarristi verso le Variazioni op. 20 di Sor. "Ma sono sordi?", si chiedeva. In un ambiente spesso caratterizzato da piccolezze e meschinità, Colin Cooper si distingueva per la bontà e la generosità. A noi non ha mai fatto mancare il suo incoraggiamento e anche per questo ci mancherà. Vi invitiamo infine a leggere nella rubrica delle "Idee a confronto" tre lettere di nostri lettori che forniscono preziose informazioni aggiuntive agli articoli pubblicati nel numero scorso. Dobbiamo ora segnalarvi una comunicazione di servizio che ci siamo dimenticati di riportare nel numero scorso: tra la fine di aprile e i primi di maggio il nostro programma di posta elettronica dapprima ha dato segnali di esaurimento nervoso inghiottendo i messaggi in arrivo senza farceli leggere e in seguito è morto definitivamente, facendoci perdere tutta la corrispondenza dal 2000 in poi. Se quindi non abbiamo risposto a eventuali e-mail inviate in quel periodo è perché non le abbiamo ricevute. Inoltre, avendo perso l'accesso a quelle precedenti, probabilmente abbiamo lasciato fuori dalle colonne dei Corsi/Concorsi/Appuntamenti le notizie arrivate prima di maggio. Ci scusiamo, ma sono purtroppo inconvenienti che si impara come evitare solo dopo che siano capitati. Passiamo ora a cose più piacevoli: ottobre 1972 - ottobre 2012, "il Fronimo" compie quarant'anni, con 160 numeri dati alle stampe. È naturale fare dei bilanci, chiederci se abbiamo seguito la strada giusta e se il fondatore della rivista avrebbe approvato quanto fatto da noi. Per combinazione, leggendo la tesi di Laurea di Paolo Devecchi La rivista "il Fronimo" di Ruggero Chiesa (1972-1993): l'uomo e il suo "dialogo". Sguardo sull'opera pubblicistica di un maestro della chitarra del Novecento, appena discussa presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Torino, abbiamo riscoperto alcune frasi di Ruggero Chiesa tratte dalla risposta a un lettore. Risposta, badate bene, risalente al 1979: "[...] Se avessimo desiderato una vita comoda e una valanga di lettori avremmo riempito le nostre pagine di argomenti frivoli, delle banali cronache concertistiche di pseudo esecutori, dei tronfi programmi di certe scuole dove in realtà esiste il dilettantismo più vergognoso, di articoli scritti da chi non sa adoperare né la chitarra né la penna, di recensioni addomesticate, di diatribe e di pettegolezzi. Crediamo invece che all'impostazione scandalistica debba sostituirsi una seria lettura di carattere musicologico […]." E poi, sempre nella tesi di Devecchi, ritroviamo la risposta data nel 1983 alla domanda di Francesco Gorio: "Quale indirizzo futuro darai alla rivista?" "R. C.: Circa il futuro del "Fronimo", penso che sarà sempre di impianto musicologico. Tenteremo di ricostruire, per quanto possibile, la storia della chitarra e del liuto attraverso saggi specifici o di carattere generale. È un lavoro complesso e lungo, ma rappresenta l'unica strada per chiarire il ruolo storico di questi strumenti. Poi, per quanto concerne la chitarra, sarà dato maggiore spazio alla musica contemporanea e alla didattica." Non siamo quindi andati fuori dai binari: possiamo metterci il cuore in pace e andare avanti fin che si potrà. In occasione del nostro compleanno vorremmo fare un omaggio ad una categoria di abbonati che sono da sempre una colonna portante della rivista e alla quale teniamo particolarmente. Li chiameremo "chitarristi diversamente abili", prendendo il termine in prestito da un nostro conoscente medico, chirurgo della mano e ottimo chitarrista blues, che usa questa definizione per indicare quella moltitudine di appassionati che esercita la propria abilità sulla chitarra a livello amatoriale, pur svolgendo nella vita tutt'altro lavoro. In rappresentanza dunque della categoria, parleremo di uno di loro, Massimo Raccosta, che abbiamo conosciuto grazie agli "Incontri Chitarristici di Gargnano" (anch'essi al loro 40° anniversario), di cui è generoso sponsor da due anni. L'ingegner Raccosta è uno dei più grandi collezionisti al mondo di chitarre di ogni tipo. Quest'anno, come regalo di compleanno per gli "Incontri", ha pensato di far conoscere da vicino la sua collezione ai partecipanti dei corsi invitandoli a casa sua a Verona. E noi ci siamo volentieri aggregati alla comitiva. L'ingegnere aveva preparato con cura un percorso "didattico" scegliendo di presentare venti dei suoi strumenti in modo da rappresentare l'evoluzione della liuteria moderna. Iniziando con una García del 1905, si è passati alla Domingo Esteso de 1926, Francisco Simplicio e Santos Hernandez del 1931, Hauser I (1938), Hauser II (1959), Bouchet (1967), la Marcelo Barbero (1953) di Ramón Montoya, Fleta (1967), Romanillos (1982), varie Hauser III, Friederich (1988), Smallman (1994)... Oltre che collezionista appassionato, Massimo Raccosta si è rivelato un formidabile padrone di casa e ha saputo mettere a proprio agio i ragazzi che all'inizio sembravano spaesati. Alla fine, potendo provare gli strumenti di persona, hanno poco a poco preso confidenza e iniziato a comprendere meglio le differenze, il carattere, l'anima delle chitarre che avevano di fronte. Le chitarre sono tutte in ottimo stato, curate, incordate e accordate, pronte ad essere suonate. Massimo Raccosta sta per fondare un museo-esposizione (non mancheremo di darvi notizia a tempo debito), un'iniziativa che vedrà non solo le chitarre "in mostra" ma che vorrà diventare un punto di aggregazione per la chitarra in senso lato, con manifestazioni musicali (concerti, conferenze, masterclass) che valorizzeranno la collezione e tenteranno di dare impulso a un ambiente che langue da tempo. |