Sommario Fronimo N° 163 luglio 2013 |
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Editoriale Scriviamo queste righe a pochi giorni dal ventesimo anniversario della scomparsa di Ruggero Chiesa, fondatore (nel 1972) e direttore della nostra rivista fino al 14 giugno 1993. In quel momento, a quasi sessant'anni da compiere, era nel pieno della sua maturità artistico-professionale; dopo decenni d'indefesso lavoro e di ricerche la sua statura di musicologo e didatta aveva raggiunto vertici internazionali: il suo giudizio, la sua autorevolezza, la sua competenza erano considerati da tutti un punto di riferimento ineludibile. Vent'anni, quasi una generazione, sono tanti; tanta acqua è passata sotto i ponti e tante cose sono cambiate (oseremmo dire non in meglio). Spesso ci chiediamo cosa avrebbe pensato o detto Ruggero di fronte a cambiamenti vari, riforme, scoperte, progressi e regressioni (a seconda dei punti di vista). Nel nostro lavoro non ha mai smesso di rappresentare un costante, fondamentale e sempre presente punto di riferimento. Continuiamo quindi a confrontare il nostro pensiero con il suo, in una dialettica che prosegue, anche se in absentia. Per questa ragione, a volte, quel 14 giugno di vent'anni fa sembra ieri. Nel 2003, a dieci anni dalla scomparsa, gli abbiamo dedicato uno spazio in ciascun numero della rivista dove chi ha voluto – allievi, amici, lettori – ha potuto contribuire con un pensiero o un ricordo. Abbiamo valutato varie iniziative da dedicargli per quest'anno (forse più in là ne realizzeremo qualcuna, ma ve ne parleremo quando arriverà il momento): come farlo conoscere ai ventenni di oggi o ricordare da quelli che lo hanno conosciuto? Ciò che è rimasto a tutti noi, giovani e meno giovani, in realtà è proprio questa rivista creata e cresciuta da Ruggero con amore e passione. È questa l'eredità che abbiamo raccolto e portiamo avanti contro ogni previsione avversa. Ed è questa rivista che gli dedichiamo con un'annata che abbiamo voluto piena di significati e ricorrenze, piena di spunti di riflessione, di apprendimento e di approfondimento. Nella speranza che continuiate a leggerci... Passiamo ora, come di consueto, alla presentazione di questo numero. Dopo numerose assenze, le pagine dedicate agli "Incontri" tornano in una forma inedita: alla tradizionale intervista con la quale Laura Albiero ci fa conoscere il chitarrista brittanico Paul Galbraith, segue una conversazione a tema tra lo stesso Galbraith e Stefano Grondona. I due interpreti, legati da amicizia e stima reciproca risalente al loro primo incontro in occasione dello storico concorso di Leed's Castle nel 1981, si confrontano scambiando idee e pensieri riguardanti il Nocturnal di Britten. Questa fondamentale composizione del repertorio novecenteso, che nel 2013 compie cinquant'anni, è stata da entrambi registrata recentemente. I nostri lettori hanno così la possibilità di arricchire l'ascolto del cd allegato al numero scorso con stimolanti spunti di riflessione e approfondimento. Sullo scorso numero abbiamo iniziato la pubblicazione di un lungo articolo di Andreas Grün che racconta la genesi e le vicissitudini della prima musica che scrisse Hans Werner Henze per chitarra sola. Abbiamo visto come Henze venne a stabilirsi in Italia nei primi anni Cinquanta e abbiamo seguito Grün nelle sue prime ricerche, alquanto deludenti, della partitura di Der Sechste Gesang, lasciandolo in trepidante attesa di una copia dello spartito originale che era in possesso del chitarrista tedesco Anton Stingl, l'esecutore che registrò le musiche per la radio. In questa parte Grün ci presenta il manoscritto ricevuto, dove si riscontrano tutti gli elementi che Henze ha più tardi riutilizzato e sviluppato nei Drei Tentos: grazie al permesso concessoci dalla casa editrice Schott, abbiamo potuto riprodurre ampi stralci di questo manoscritto. Inoltre, Grün racconta le vicende relative alla nascita dell'idea di scrivere musiche per chitarra e alla loro registrazione (con l'insospettata e imprevedibile presenza di un protagonista della musica popolare napoletana: Fausto Cigliano). Continua l'"epopea" della forma-sonata: in questo penultimo capitolo Marco Riboni si occupa di Mauro Giuliani, il grande maestro dell'Ottocento che fu in grado di coniugare le precise istanze di una forma già esistente – ancor prima di essere storicamente istituzionalizzata – con le proprie peculiarità estetiche. Vedremo come Giuliani riuscì a declinare i parametri convenzionali della forma-sonata adattandoli mirabilmente alle sue inclinazioni personali, creando modelli formali tanto geniali quanto destinati a essere insuperati nel repertorio chitarristico. Nel prossimo numero il lunghissimo viaggio durato più di due anni troverà il suo finale approdo nell'analisi del formidabile contributo di Niccolò Paganini. Il breve articolo di Ricardo Aleixo ci presenta un manoscritto ottocentesco contenente due brani poco noti di Fernando Sor, dei quali uno addirittura non presente nel catalogo delle opere del compositore. Non si tratta di una clamorosa novità musicologica, ma della possibilità di considerare i due piccoli brani da una nuova prospettiva. Si conferma inoltre la popolarità raggiunta da Sor in patria, visto che le sue composizioni circolavano ampiamente in manoscritti che più tardi diventarono spesso fonti di pubblicazioni poco accurate, diffuse da editori senza scrupoli, editori che poi Sor ha provveduto a stigmatizzare nel suo Metodo. L'attualità non ci ha offerto grandi spunti per commenti da aggiungere come di solito al termine del nostro editoriale. È doveroso però ricordare la scomparsa di un'altra figura importante per la chitarra del Novecento. Il 13 aprile scorso è morto il compositore inglese Stephen Dodgson (nato nel 1924) che ha dedicato alla chitarra gran parte della sua produzione a partire dagli anni Cinquanta e dal suo incontro con Julian Bream e John Williams. Tra le sue opere ricordiamo i due volumi di Studies for Guitar, Suite for guitar (la sua prima opera, eseguita da Bream ma rimasta inedita), Partita n. 1 e n. 2 (cui seguirono altre due), i Concerti per chitarra e orchestra e soprattutto la splendida e intensissima Fantasy-Divisions che ci auguriamo torni a fare parte del repertorio corrente. |