Sommario Fronimo N° 170 aprile 2015 |
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Editoriale È vero che ogni tanto ci lamentiamo della mancanza di scritti validi, di monografie e di tesi originali e meritevoli di attenzione. Ebbene, questa volta vi sorprenderemo: siamo contenti e orgogliosi di potervi presentare, sia nel numero che avete tra le mani che in quelli che rimangono per finire l'anno, articoli che meritano di essere letti e che completano e arricchiscono la letteratura riguardante la chitarra, la sua storia e il suo repertorio. Il numero si apre con due contributi che per la loro ampia, approfondita e prolungata campata formale proseguiranno nella prossima uscita della rivista. Il primo è un ponderoso e documentatissimo scritto firmato dal nostro vecchio e caro amico Mario Dell'Ara, attento e meticoloso collaboratore de "il Fronimo" sin dalla prima ora. L'argomento è la storia della chitarra – e degli strumenti similari – a Torino, dal XIV secolo fino alla metà dei Novecento. In questa parte iniziale possiamo leggere i primi riferimenti a liutisti, citaristi e menestrelli vari trovati in documenti trecenteschi e seguire le vicende di musicisti e strumentisti nati o attivi in Piemonte fino al Settecento compreso. L'articolo non è solo ricco di notizie interessanti e, a volte, sorprendenti, ma anche di materiale iconografico che Dell'Ara, da esperto e paziente ricercatore, ha raccolto con cura e che ci ha... delicatamente suggerito di pubblicare senza omissioni. Come vedrete, abbiamo seguito il suggerimento alla lettera. Il secondo articolo è a firma di Carlo Mattiuzzo, un "esordiente" al quale diamo il benvenuto sulle nostre pagine. Dalla sua tesi di laurea ha tratto questo scritto riguardante la musica per chitarra di Terry Riley. Non si può parlare di Riley senza parlare di minimalismo. Ecco quindi la prima puntata che ci chiarisce le idee su cosa è il minimalismo e su quali sono le caratteristiche che accomunano o dividono i suoi principali esponenti: dallo stesso Riley a La Monte Young, da Steve Reich a Philip Glass. Gerhard Penn prosegue in modo indefesso le sue ricerche sulla vita e l'attività di Mauro Giuliani a Vienna. Penn non si accontenta mai: mentre noi traduciamo, lui continua a cercare in archivi, documenti, memorie di personaggi contemporanei e ci aggiorna con nuove informazioni. In questa seconda parte del suo lungo articolo, analizza gli avvenimenti del periodo compreso fra il 1813 e 1816. Le notizie completano i vuoti rimasti nella biografia di Giuliani, rispondono a tanti punti interrogativi e delineano un ritratto del personaggio che ci appare come una autentica "pop star" dell'epoca nella capitale dell'impero ustro-ungarico. Certo, tutta questa fama e popolarità, come sovente accade, oltre agli innegabili vantaggi gli portarono anche non pochi problemi. Si tratta di un periodo con alti e bassi, con successi e disgrazie. E per la prima volta ci è dato a conoscere Giuliani così come lo vedevano i suoi contemporanei. Non vi anticipiamo nulla e lasciamo a voi la lettura. Attendiamo con estrema curiosità la terza parte della ricerca che si occuperà delle vicissitudini degli ultimi anni a Vienna e del viaggio di ritorno in Italia. Pur non trattandosi di un articolo vero e proprio, non possiamo non salutare qui l'intervento di Oscar Ghiglia che abbiamo collocato nelle "Idee a confronto". Ghiglia ci parla di quello che è stato il pilastro del suo insegnamento ormai per quasi mezzo secolo: i modi. I modi sono stati il cruccio per generazioni di allievi di Oscar in giro per il mondo e che, ne siamo sicuri, leggeranno lo scritto con nostalgia e gratitudine. Quanto ai giovani: vi consigliamo di leggere con attenzione prima di presentarvi per la vostra prima lezione con il Maestro Ghiglia. Per concludere, vorremmo ricordarvi che nel numero di marzo della rivista "Amadeus" è appena uscito il cd del duo Alfonso Baschiera- Marco Nicolè con un programma monografico dedicato a Carulli. Il disco, disponibile in download tramite un codice riportato all'interno della rivista, presenta la registrazione dei Trois Duos op. 62, di una scelta di studi tratti dal Metodo op. 27 e del Notturno Concertante op. 118. La musica è molto bella (oltre che ben suonata) e, come ormai quasi con monotonia ripetiamo su queste colonne, conferma le splendide qualità del grande musicista napoletano. Non usiamo commentare i dischi che escono allegati alle varie riviste, ma in questo caso, vista la novità del formato download, che certo non è visibile dall'esterno della rivista, ci è sembrato doveroso informarvi. |