Sommario Fronimo N° 183 luglio 2018 |
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Innanzitutto una comunicazione di servizio. All'arrivo dei numeri di gennaio e di aprile ci avete telefonato in tanti, preoccupati per il mancato ricevimento del cd di Antonio Rugolo. Avevamo annunciato che il cd sarebbe arrivato allegato al numero di luglio, ma evidentemente tale annuncio non catturava l'occhio a sufficienza. Apriamo quindi l'editoriale dicendovi subito che se non lo avete trovato neanche questa volta, non è perché è stato sottratto o smarrito ma perché all'ultimo momento abbiamo deciso di inviarlo a parte. Le spedizioni sono iniziate a partire dai cap del Sud-Italia e, al momento di scrivere queste righe, hanno riguardato quelli compresi tra 80044 e 98148. Tramite il nostro sito internet (www.fronimo.it) vi terremo aggiornati circa il progresso degli invii.
Veniamo ora ai contenuti della rivista.
Il 2018 è stato un anno di anniversari. Mario Dell'Ara ci aveva ricordato che, come Matteo Bevilacqua (da noi sufficientemente omaggiato l'anno scorso), anche Francesco Molino, Antoine de Lhoyer e Filippo Gragnani erano nati nel 1768. Pure per loro, quindi, ricorre quest'anno il 250° anniversario della nascita. Purtroppo, però, non ci sono pervenuti articoli con aggiornamenti rispetto a quanto avevamo pubblicato in passato su questi musicisti. Abbiamo invece ricordato nei due numeri precedenti i cinquant'anni dalla morte di Mario Castelnuovo-Tedesco con l'articolo di Luigi Attademo sul Capriccio diabolico e i settant'anni dalla morte di Manuel M. Ponce con lo scritto di Jorje Barrón Corvera sulla Sonata per chitarra e clavicembalo. In quest'anno ricorrono anche i duecentoquarant'anni dalla nascita di Fernando Sor. Nell'ultimo decennio sono stati scoperti moltissimi nuovi dati sulla sua vita grazie alle ricerche – la maggior parte pubblicate sulla nostra rivista – di vari studiosi. Primo fra tutti Josep Mangado, poi Ricardo Barceló e Brian Jeffery (primo biografo di Sor in epoca moderna), il cui Fernando Sor. Composer and Guitarist, pubblicato per la prima volta nel 1977 e poi aggiornato nel 1994, costituisce il testo di riferimento per chiunque vuole studiare la figura di Sor. Oggi, in occasione di questo anniversario, Brian Jeffery ha voluto "tirare le somme": come si rivela Sor alla luce delle nuove scoperte? Con sguardo affettuoso Jeffery sceglie di mettere in luce i punti che giudica più interessanti e determinanti per l'immagine del suo beniamino.
Nel numero scorso ha preso l'avvio la pubblicazione del lungo saggio che Eduardo Fernández dedica alla Ciaccona di J. S. Bach. Nella prima puntata abbiamo visto la parte generale e introduttiva che descrive (e spiega) la Ciaccona come forma musicale, presentando inoltre il contesto con i vari simboli e le citazioni dai Corali che Bach inserisce nel corso dell'opera. La Ciaccona, ci insegna Fernández, non è soltanto un capolavoro di virtuosismo, un saggio di magistero compositivo, una sfida tra l'esile materialità di sole quattro corde e le vette di pensiero che Bach, con mezzi così limitati, riesce a raggiungere. La Ciaccona, vista sotto questa nuova luce, diventa musica assoluta, trascendenza di pensiero, traguardo ideale per il musicista (o anche il semplice ascoltatore) che voglia coniugare il piacere puramente estetico di un ascolto musicale con un cammino, non facile, di arricchimento spirituale.
La seconda parte dell'articolo analizza il brano in dettaglio, variazione per variazione. Si evidenziano così, durante un percorso descrittivo, illuminante e analitico, tutti gli elementi costruttivi, le simbologie e i temi tratti dai corali, con cui Bach edifica la monumentale trama di questo capolavoro violinistico. Abbiamo interrotto la puntata prima dell'inizio della parte in maggiore, ma già immaginiamo tra i nostri lettori più d'uno intento a dedicare parte delle vacanze rinfrescando i propri ricordi della Ciaccona (con o senza la chitarra in mano) oppure intenzionato a studiarla per la prima volta, cercando di scoprire tutti gli elementi descritti nell'analisi. Buon lavoro e buon divertimento!
Commentiamo per ultimo l'articolo che apre il numero. Lo studioso portoghese Mário Carreira ha estrapolato da numerosissime fonti (tra metà Settecento e Novecento) le parti relative all'uso o meno delle unghie della mano destra, mantenendo al riguardo una posizione neutrale. Non possiamo astenerci, in questa sede, dal fare alcune considerazioni e trarne qualche conclusione. Da quando si è iniziato a usare gli strumenti originali ottocenteschi e a parlare di prassi esecutiva storica, la questione delle unghie è diventata fondamentale. L'uso o meno delle unghie diventava lo spartiacque tra un'esecuzione filologica o meno. Nell'Ottocento non si usavano le unghie, si diceva. Abbiamo sempre nutrito dei seri dubbi circa quest'affermazione. È vero che Sor sconsigliava il loro uso, ma egli diceva anche che Aguado le usava, e bene. Ma Aguado era un caso unico? Grazie a questa ricca collezione di estratti da metodi, trattati e memorie, la situazione appare più chiara. Vi erano infatti molti autori e chitarristi che sconsigliavano l'uso delle unghie per ragioni che andavano da quelle pratiche a quelle estetiche e persino a quelle esoteriche, ma altrettanti che sostenevano il contrario. Il fatto stesso che molti commentassero che il suono delle unghie era sgradevole, ci dice che evidentemente esistevano chitarristi che le usavano. Perché quindi creare nei nostri giorni una regola che esclude l'uso delle unghie dalle esecuzioni che vogliono avere pretese di fedeltà alla prassi storica? Una cosa che abbiamo trovato curiosa è questa: tra le varie argomentazioni contro l'uso delle unghie avremmo pensato di trovare il maggiore consumo delle corde a causa dello sfregamento, invece nessuno menziona tale problema. Comunque, per farla breve, vi erano sostenitori sia della tecnica con unghie che di quella senza e, come succede di solito, le ragioni che facevano propendere per l'una o l'altra opzione erano perlopiù inerenti al gusto personale o alla natura e alla qualità delle unghie, alla possibilità e alla volontà o meno di spendere tempo per la loro cura ecc. ecc. Nel Novecento si è spesso cercato di trovare soluzioni univoche e di creare regole tramite eccessive semplificazioni e schematizzazioni. Ebbene, non vi era una regola per quanto riguarda questo argomento. È meglio farcene una ragione.
Infine, dopo gli interventi di Piero Bonaguri, Francesco Biraghi e Arturo Tallini in risposta all'invito di esprimere le proprie idee sulla situazione odierna della chitarra, ospitiamo in questo numero la risposta di Frédéric Zigante. Siete tutti invitati a partecipare al dibattito, in particolare gli appartenenti alla generazione più giovane, quelli che si stanno affacciando adesso al mondo della musica e che quindi devono prendere decisioni importanti circa il proprio futuro.
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