Sommario Fronimo N° 193 gennaio 2021

English


Editoriale

Ricerche e approfondimenti:


Ferdinando Carulli: un aggiornamento biografico tra dati storici e ipotesi a 250 anni dalla nascita
di Romolo Calandruccio (terza parte)

I Concerti per chitarra e orchestra di Ferdinando Carulli
di Marco Riboni (II parte)

György Kurtág: Kis Csáva per chitarra, ottavino e trombone
di Pietro Paolo Dinapoli

Le corde di budello: memorie
di Mario Dell’Ara

Ricordando Julian Bream
di Andrea Dieci, Eduardo Fernández, Antonio F. Mormina, Denise Petriccione, Adriano Sebastiani, Emanuele Segre, Giacomo Susani

In memorian

Giorgio Ferraris (1946-2020)
di Marco Capucci & Alessandra Milesi

Daniel Friederich (1932-2020)
di Andrea Tacchi

Recensioni Musiche Dischi

Corsi e concorsi

editoriali e discografiche

La bottega della chitarra

Sospiro di sollievo! Ce l’abbiamo fatta anche questa volta. Con i tempi che corrono, la cosa era meno scontata che mai. Il primo numero del nuovo anno è pronto e mancano solo queste prime pagine che, come sempre, sono le ultime a essere scritte. Vorremmo potervi raccontare tante belle novità, ma tutto è ancora sospeso nell’incertezza. Infatti, le pagine degli eventi (corsi, concorsi, appuntamenti vari) sono di nuovo poverissime. Ricche sono invece, purtroppo, le pagine dei ricordi. Ricordi di maestri e amici che abbiamo perso durante il 2020. Ma forse è meglio andare nell’ordine di apparizione degli articoli. Iniziamo con la terza puntata della ricerca di Romolo Calandruccio dedicata a Ferdinando Carulli, che vediamo qui in procinto di lasciare l’Italia diretto a Parigi. In mancanza di notizie precise sui suoi movimenti non si può far altro che deduzioni basate sulle informazioni disponibili: le amicizie, i dedicatari delle sue opere, la collocazione dei vari manoscritti, le edizioni e così via. La lettura è interessante anche per le tante notizie e informazioni sulla vita di quell’epoca. Ad esempio, pur essendo solo in nota a piè di pagina, ci è rimasta impressa la notizia di un’epidemia scoppiata a Livorno nei primi anni dell’Ottocento e della maniera in cui era stata affrontata: non si può non fare il parallelo con i giorni nostri. Segue la seconda parte dell’articolo di Marco Riboni che prende in esame i Concerti per chitarra e orchestra di Carulli: in questa puntata si studia la struttura e la forma del Concerto in La, dell’op. 8[a] e dell’op. 140. Nel prossimo numero vedremo il Concerto per chitarra e flauto. Ferdinando Carulli è stato a lungo trascurato rispetto ai suoi colleghi contemporanei. Forse è arrivato il momento di rendergli giustizia, di conoscerlo un po’ meglio e di valutarlo con cognizione di causa non limitandosi più ai soliti giudizi sommari con i quali di solito lo si affronta. Costituisce un’eccezione l’articolo che Ruggero Chiesa pubblicò su queste pagine (n. 75, aprile 1991) dopo aver passato al vaglio tutte le opere allora reperibili nelle varie biblioteche in giro per il mondo: uno scritto tuttora fondamentale per l’inquadramento storico e critico di Carulli. Negli ultimi decenni la chitarra ha assistito a uno sviluppo straordinario della ricerca musicologica e dell’editoria: molti autori, alcuni addirittura sconosciuti, sono stati ricollocati nella loro più corretta prospettiva storica, e questo grazie alla conoscenza di opere inedite o a un maggior approfondimento di quelle già note. Ma, se ci si pensa bene, l’unico a rimanere ai margini di questo grande rifiorire è stato proprio Ferdinando Carulli. Ed è un autentico paradosso, perché assieme a Fernando Sor e Mauro Giuliani è uno dei tre pilastri sui quali poggia tutta la letteratura ottocentesca. E, come Giuliani, è il solo ad aver coperto tutti i generi del nostro repertorio: da quello solistico a quello cameristico, da quello vocale al concerto per chitarra e orchestra. Un catalogo sterminato (366 opere con numero più quasi altrettante senza) nel quale, ne siamo convinti, c’è ancora tantissimo che merita di essere conosciuto. György Kurtág è una delle figure più importanti e rappresentative della musica del Novecento che spesso ha inserito la chitarra nelle sue composizioni. Pietro Paolo Dinapoli ci presenta un suo brano dall’organico insolito: Kis Csáva per chitarra, ottavino e trombone. Mario Dell’Ara condivide con “il Fronimo” la lettera nella quale il liutaio Martino Barbieri descriveva la maniera di fabbricare le corde di budello. La lettera risale al 1961, epoca in cui le corde di nylon erano già largamente utilizzate, ma non amate dal destinatario dello scritto, il chitarrista torinese Alberto Mautino. E arriviamo alla parte dei ricordi. Ringraziamo, in ordine alfabetico, Andrea Dieci, Eduardo Fernández, Antonio Federico Mormina, Denise Petriccione, Adriano Sebastiani, Emanuele Segre e Giacomo Susani per aver accettato il nostro invito di condividere con noi i loro ricordi di Julian Bream. Ricordi che risalgono ad epoche diverse e che «catturano» aspetti diversi di un personaggio che difficilmente si faceva catturare. Un grazie ad Andrea Tacchi per il commovente ricordo di Daniel Friederich, uno degli ultimi rappresentanti dei maestri liutai che hanno accompagnato la chitarra verso l’apice della sua storia moderna, gli anni Ottanta del secolo scorso, contribuendo con i loro strumenti alla conquista delle grandi sale da concerto. Infine ringraziamo il mandolinista Marco Capucci e la violoncellista Alessandra Milesi, entrambi membri dell’Ensemble Baschenis, per il ricordo di Giorgio Ferraris, caro amico e prezioso collaboratore della nostra rivista. Essendo diplomato al Conservatorio di Milano e insegnando presso la Scuola Civica, faceva da collegamento tra i due ambienti. Era un padrone di casa unico e generoso. Quando a Milano i concerti di chitarra erano tanti e invece scarsi i locali aperti dopo i concerti, la casa di Giorgio diventava il punto di ritrovo. C’era sempre la cena pronta: il pesto, la focaccia, e (non lo dimentico perché ero rimasta incredula) una volta aveva preparato addirittura il gelato – gusto latte e miele – in un attimo. Ma anche quando i concerti di chitarra cominciarono a scarseggiare, Giorgio trovava sempre occasioni per farci incontrare: la prova di un imminente concerto con il suo gruppo o della lettura dell’Orlando furioso da parte di un amico attore, i concerti per far conoscere giovani musicisti che lui apprezzava, l’incontro con un ufologo; oppure una riunione tra i giovani liutai della Scuola civica di liuteria e i chitarristi milanesi per cercare di capire “cosa” rendesse comoda e agevole una chitarra. Aveva infatti chiesto ai chitarristi di portare lo strumento che, fra i loro, meglio rispondesse a queste caratteristiche: lo scopo era identificare quello effettivamente più agevole e, con osservazioni e misurazioni, comprenderne motivi e fattori determinanti. Aveva un senso dell’umorismo sottile ed era un piacere battibeccare con lui. A volte, nel concordare la recensione di un disco, gli dicevo: “Giorgio, mi raccomando, non cominciare da Adamo ed Eva” perché spesso tendeva a inserire dappertutto riferimenti a Taraffo e Segovia. Così una volta, dandomi la recensione di un cd con musiche del Cinquecento, con la solita autoironia mi disse: “Ecco, questa volta non ho nominato Taraffo”. L’ultima recensione l’ha consegnata il giugno scorso: “Ma Giorgio! – dissi - È lunghissima e hai anche inserito delle immagini! Lo sai che non è possibile inserire immagini nelle colonne delle recensioni.” Secondo invio: “Zac! Ho tolto le immagini… però non l’ho accorciata” con tanto di emoticon sorridente. In questo numero pubblichiamo postuma la recensione così come l’aveva voluta, senza tagli e con le immagini. Ciao Giorgio, ci manchi già.