Editoriale
Incontri
Conversazione con Giuliano Balestra
di Stefano Picciano
Ricerche e approfondimenti:
L’opera 9 di Luigi Legnani ritrovata
di Robert Coldwell
I Concerti per chitarra e orchestra di Ferdinando Carulli
di Marco Riboni (terza parte)
Francesco Molino a Genova nel 1807
di Danilo Prefumo
Ferdinando Carulli: un aggiornamento biografico tra dati storici e ipotesi a
250 anni dalla nascita
di Romolo Calandruccio (quarta parte)
Recensioni
Musiche
Dischi
Corsi e concorsi
editoriali e discografiche
Un Fronimo tutto italiano quello che avete tra le mani. Di solito cerchiamo una maggiore varietà di argomenti, ma questa volta è capitato così. L’“epopea carulliana” continua con articoli lunghi e suddivisi in più capitoli, condizionando le nostre scelte per il resto del materiale con cui completare la rivista.
Il numero si apre con gli “Incontri”, in questo caso un’interessante conversazione tra Giuliano Balestra e Stefano Picciano, che possiamo anche leggere nell’ottica di uno scambio di idee tra i rappresentanti di due generazioni diverse. Giuliano Balestra ha frequentato la prima classe di chitarra fondata in Italia, al Conservatorio “Santa Cecilia” di Roma, ed è stato testimone della svolta avvenuta nel frammentato ambiente chitarristico italiano con la “conversione” al chitarrismo spagnolo e l’influenza “unificatrice” di Segovia. Stefano Picciano è un giovane ricercatore che, con impegno, si dedica proprio allo studio di quell’epoca di transizione e dei personaggi che l’hanno popolata. Balestra, da parte sua, rievoca avvenimenti e racconta aneddoti che fanno sorridere, consentendoci – al di là della semplice cronaca – una migliore comprensione di un periodo che possiamo definire pionieristico.
Avrete già notato lo spartito dell’op. 9 di Luigi Legnani, allegato alla rivista: si tratta di una delle composizioni che mancavano dal catalogo perché non ne esisteva una copia né si erano trovate notizie riguardanti la sua pubblicazione. Finché Robert Coldwell non ha scoperto di possedere quella che sembra essere l’unica copia esistente. Con un breve articolo lo stesso Coldwell ci racconta come è avvenuto il ritrovamento fornendo tutte le informazioni storiche relative all’edizione ritrovata. Non possiamo che ringraziarlo per averci concesso la pubblicazione dell’opera. Chi è in possesso del numero 147 della nostra rivista, con la prima parte del catalogo delle opere di Legnani, potrà ora completare il vuoto che avevamo lasciato al posto dell’op. 9. Ci scusiamo invece per la scomodità delle voltate dell’inserto: dovendo per forza finire a pagina 8, non abbiamo potuto lasciare vuota la pagina successiva al frontespizio, ma siamo certi che questo fatto non scoraggerà chi sarà curioso di provare il nuovo pezzo.
Proseguono, come ricordato sopra, gli articoli di Marco Riboni e Romolo Calandruccio dedicati a Ferdinando Carulli, la cui figura comincia ad assumere finalmente quello spessore artistico che fino ad oggi gli era stato negato. L’analisi dei Concerti, che si conclude in questo numero con quello per flauto e chitarra, ha messo in risalto le grandi capacità creative del chitarrista napoletano e l’assoluta padronanza di una forma così importante, che affrontò con una pluralità di approcci unica per fantasia e varietà. Nei prossimi numeri Riboni continuerà l’esame dei Concerti carulliani commentando le peculiarità stilistiche nell’uso dell’orchestrazione e le influenze provenienti dalle medesime opere dei suoi contemporanei più importanti, con particolare riferimento a Boccherini e Mozart.
Per quanto riguarda l’aggiornamento biografico portato avanti da Romolo Calandruccio, arriviamo con questa puntata al momento più importante della carriera di Carulli: l’arrivo a Parigi e l’ingresso nel mondo musicale francese. L’idea che avevamo fino ad oggi di questo musicista, considerato solo come didatta e autore di brani di modesta difficoltà adatti agli studenti alle prime armi, viene demolita. Scopriamo invece che Carulli, al suo arrivo in Francia, fece scalpore esattamente come Giuliani quando giunse a Vienna. E non ci sorprende se alcuni commenti sullo «strumento ingrato» apparsi sui giornali francesi ricalcano quelli dei giornali viennesi. Carulli in Francia ha rappresentato un modo nuovo di suonare e di comporre per uno strumento fino ad allora considerato adatto solo all’accompagnamento, come dimostrano chiaramente le recensioni dei suoi concerti riportate nell’articolo. Una in particolare, risalente al 1822, è di grande importanza perché, descrivendo la tecnica di Carulli, fornisce una probante testimonianza di un innovativo approccio allo strumento, grazie al quale le potenzialità tecnico-espressive venivano finalmente esplorate e messe in atto in modo mai visto in Francia fino ad allora.
Infine, per par condicio, dopo tanto Carulli, troviamo un articolo su Francesco Molino. Danilo Prefumo ha scoperto una testimonianza che viene a riempire un vuoto nella biografia del musicista piemontese: nulla di preciso si sapeva di lui nel periodo tra il 1793 e il 1814, anche se Mario Dell’Ara, il massimo esperto di Molino, sospettava un soggiorno a Genova pur non essendo in possesso di prove certe. Prefumo ha trovato il tassello mancante nelle lettere inviate alla famiglia da un archeologo francese, Jacques Boucher de Perthes, che soggiornò a Genova per alcuni anni agli inizi dell’Ottocento. Oltre ad aiutarci a completare la biografia di Molino, queste lettere sono ricche di aneddoti divertenti relativi a vari altri musicisti di quel periodo.
Finiti i commenti su quanto potrete leggere nelle pagine successive, dovremmo ora commentare qualche fatto di attualità, come facciamo di solito. Ma quale? Il fatto è che tutto è fermo e non succede niente. Solo online si muove qualcosa: lezioni online, concorsi online, persino recital online: in diretta e con biglietti a prezzi a volte esorbitanti. Iniziative senz’altro interessanti nel tentativo di accorciare le distanze imposte dalla pandemia. Sarebbe bene però che venissero adottati dei codici di comportamento e che, specie i ragazzi, si rendessero conto che il pubblico, sia pure dall’altra parte del monitor e quindi invisibile, va comunque rispettato. E che quindi, come non ci si presenta a un concorso o a un concerto trascurati, spettinati, mal vestiti, allo stesso modo quando si affronta una prova online (che sia una lezione, un concerto o un concorso), bisognerebbe evitare di apparire sciatti, mal illuminati, nella cameretta con il letto quasi sfatto. È questione di rispetto non solo per chi ci guarda e ascolta ma anche per noi stessi.
Detto ciò, speriamo che presto tutto torni normale e che riprendiamo a vederci di persona. Alla prossima!
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