Quando e com’è nato "il Fronimo"

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Negli anni ’70 la situazione della chitarra in Italia e all’estero cominciava finalmente a migliorare e lo strumento dopo tanti anni di vita ai margini dell’ambiente musicale cominciava ad assumere una propria identità. Nel 1972 Ruggero Chiesa e le Edizioni Suvini Zerboni, consapevoli delle nuove prospettive che si stavano delineando, hanno deciso di fondare una rivista dedicata alla chitarra e al liuto: "il Fronimo".

 

Cosa significa "il Fronimo"?

Il titolo della rivista ricalca quello del famoso trattato in forma di dialogo di Vincenzo Galilei  (Fronimo / dialogo di Vincentio Galilei / nobile fiorentino / sopra l’arte del bene intavolare / et rettamente sonare la musica) edito nel 1568 e 1584. Fronimo era un immaginario liutista, depositario del sapere musicale (in greco antico fronimo significa infatti saggio), il quale conversando con Eumazio (italianizzato che significa "colui che impara bene"), un personaggio che gli poneva le domande più disparate, forniva risposte sugli argomenti in questione. La nostra rivista non aveva la pretesa di rappresentare una fonte altrettanto illuminante, ma intendeva semplicemente intavolare un "dialogo" costruttivo su un campo ampio e specifico al tempo stesso che riguardava la chitarra e il liuto. Non è quindi affatto casuale che adesso "il Fronimo", cessato il rapporto con la Suvini Zerboni, sia pubblicato dalle edizioni "il Dialogo".

 

Gli obiettivi

"Il Fronimo" è nato per mettere a disposizione dei suoi lettori i mezzi storici e analitici per affrontare con acume critico la letteratura chitarristica. Lo spiccato taglio culturale non era comunque l’unica finalità che nel 1972 perseguiva Ruggero Chiesa, il fondatore della nostra rivista. Ora come allora, l’avvicendarsi di tanti fermenti chitarristici rende indispensabile qualcosa che possa rappresentare un punto di incontro delle diverse idee, un mezzo per esprimere le proprie opinioni e per fissare il risultato di ricerche storiche, una guida per tutti coloro che desiderano ampliare quelle cognizioni rimaste ancorate ai vecchi luoghi comuni.